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Il processo, una riflessione di don Carmelo La Rosa

Ricevo e pubblico! Conosco don Carmelo da diversi anni: nel 2006 mi rilasciò anche un'intervista che ho inserito nel mio libro intitolato "Autorità e responabilità nella Chiesa cattolica" (edizioni del noce - Camposampiero). Con don Carmelo sto approfondendo, in questi ultimi tempi, alcuni aspetti della vita carceraria. Qui di seguito inserisco una sua riflessione.

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Uno di voi è il Messia, e voi non lo sapete - rispose un eremita consultato dal priore di un convento in cui era scomparsa l’armonia -. Da quel giorno i frati cominciarono a guardarsi in modo diverso, ad andare oltre i limiti personali e scoprire in ognuno i lineamenti del Messia (Anonimo).
Il giudice saccente provocava don Stiefen Kurti: “Prete, dov’è il tuo Dio? Sei nelle mie mani, posso fare di te quello che voglio”. Don Stiefen, con la sapienza degli uomini spirituali, rispose tranquillo: “Dio non è un gatto, signor Giudice, che se lo tocchi ti graffia. Dio agisce con calma, ma verrà un giorno…”.
Il giovane di Scutari che aveva collaborato con i comunisti, per mettere le armi sotto l’altare, quando vide i frati – ai quali era legato – condotti, incatenati, per la città, processati e accusati falsamente, nella piazza fatta circo, per processi – spettacolo, gridò a gran voce: “No, signor giudice, le armi nella chiesa le ha messe lei!”.
Per ragioni di ministero sacerdotale, ho avuto la possibilità di conoscere – sulla mia pelle – come si amministra la giustizia in un paese ove la legalità è una realtà alquanto relativa. Ho conosciuto la classe dei giudici e degli avvocati che non sempre disdegnano di farsi avvoltoi sui deboli.
Essere poveri, corretti, onesti, in tali situazioni è peggio di mettere la mano nella tana dei serpenti. Uscirne intatti è una meta difficilmente raggiungibile.
Quando la legalità e la coscienza sono deficitarie, tutto diventa oggetto di commercio e di scambio. Resta solo l’affare e il guadagno.
Gesù è ancora chiuso a chiave nelle stanze buie delle polizie feroci dei Paesi a diritto arbitrario, approssimativo, elastico, soggettivo.
Ciò che avviene, ancora oggi, in quei sepolcri dei vivi, può saperlo solo Dio, perché la gente non sempre ne esce in grado di parlare… Ai giornalisti impongono il silenzio stampa o di limitarsi a trasmettere le notizie ufficiali. Ogni minimo accenno a rimostranza per l’ingiustizia viene contrabbandato per propaganda politica!
Cosa avviene nei tribunali è sotto gli occhi di tutti: condannano l’innocente e il debole (Am 5, 7 ss). Affilano la loro lingua come spada, scagliano come frecce parole amare per colpire di nascosto l’innocente; lo colpiscono di sorpresa e non hanno timore (Sl 64 [63], 4 – 5).
L’acqua mi giunge alla gola. Affondo nel fango e non ho sostegno; sono caduto in acque profonde e l’onda mi travolge… Sono potenti i nemici che mi calunniano: quanto non ho rubato lo dovrei restituire? (Sl 69(68), 3. 5).
Nei paesi governati dal potere, spesso il giusto è ridotto a merce di scambio. E’ mezzo per altri fini: In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici (Lc 23, 12).
E’ palla di rimbalzo: ognuno la butta in faccia all’altro, da Erode a Pilato. E’ cibo nella fossa dei leoni, nell’arena. Puntano gli occhi per abbattermi simili a un leone che brama la preda (Sl 17 (16),11 – 12). Ringhiano e si aggirano per la città come cani. Vagano in cerca di cibo; latrano se non possono saziarsi (Sl 59 [58], 15–16).
Carne da macello, esposta in vendita, da squartare. Mi assaltano i malvagi per straziarmi la carne (Sl 27 [26], 2). Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello (Gr 11, 19).
Carne venduta che non possiede dignità, difesa, diritti.
Uomo di nessuno: nessuno si prende cura di Lui; le autorità hanno altri interessi da difendere. Nessuno mi riconosce… nessuno ha cura della mia vita (Sl 142[141], 5).
Uomo dell’offesa, bersaglio indifeso da colpire. Tutto è possibile contro di Lui.
Uomo da traino, come un asino che si può caricare anche delle colpe degli altri. Le mie iniquità hanno superato il mio capo, come carico pesante mi hanno oppresso (Sl 38 [37], 5).
Uomo della burla: Ecco il vostro re! (Gv 19, 14).
Uomo dell’infamia: a volte l’ingiuria arriva fino all’accusa di suicidio (Gv,8,22). Labbra bugiarde parlano con cuore doppio (Sl 12[11], 3).
Capro espiatorio: Ecco l’Uomo (Gv 19, 5). Vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe (Mt 10, 17). Sul mio dorso hanno arato gli aratori, hanno fatto lunghi solchi (Sl 129[128], 3).
Se penso, o Gesù, che hai avuto il coraggio di sottoporTi contemporaneamente al triplice giudizio di capi religiosi fanatici, di dittatori - colonizzatori e di un popolo aizzato e scatenato, mi sento tanto piccolo e Tu Ti fai grande ai miei occhi, quanto Dio!
Processo a Gesù, dramma più tragico della storia!
Pretesa assurda, incomprensibile e incancellabile!
Vertice di ogni arroganza, apice del peccato dell’uomo e della tolleranza e misericordia di Dio, pagina più nera della barbarie e inettitudine umana, pagina buia della storia!
L’uomo si permette di giudicare e condannare Dio! Il boccone era troppo appetitoso e non se lo sono lasciato sfuggire. Nessun altro giudice ha goduto tale opportunità e ce l’hanno messa tutta! Mai l’umanità ha osato scendere più in basso!
Processo a Gesù, vergogna dell’umanità, ragione per vergognarsi di essere uomini, angolo dei rifiuti della storia, esplosione della lordura del mondo. Non abbiamo più nulla da imparare sull’ingiustizia e sul degrado umano.
Alle arroganze, all’orgoglio innato, alle superbie e furbizie puerili, rispondi o Gesù, con l’umiltà, l’annichilamento, la mitezza, la mansuetudine di Dio e sconvolgi i fragilissimi equilibri umani!
Sei scuola perenne di umanità e di spiritualità, scuola di pace, scuola di Dio, quale luce sulla storia!

don Carmelo La Rosa
rettore del Santuario
di Maria SS. la Vena
Piedimonte Etneo

Commenti

  1. Ricevo e inserisco il commento che segue:

    E' molto bella questa riflessione... ma ai carcerati chi porta il Signore? A  quei poveri cristi soli e reietti anche fuori da quelle mura che mai hanno sentito parlare di carità, speranza, fede... Li puniamo giustamente e severamente, ma poi li lasciamo marcire uno sull'altro come scarti dell'umanità. Il fratello di una collega è in carcere ... tutti i giorni ne raccolgo il pianto disperato, tutti i sabati in cui lo va a trovare scopre una violenza taciuta. Perché non siamo coraggiosamente anche noi lì dentro a farci coprire d'insulti, ma a portare la Voce di Cristo, unica voce degna di essere ascoltata. Voce che libera l'uomo dall'errore, ne fa un salvato sempre e ci fa dire: " ... anche se tuo padre e tua madre ti abbandonassero ... io sono con te tutti i giorni della tua vita." Punire è facile ... perdonare molto meno. Se il Signore fosse punitivo come lo siamo noi (con gli altri ovviamente mai con noi stessi) sarebbe un inferno la nostra vita e forse saremmo già estinti. Questo suo accoglierci, amarci, lavarci le piaghe purulente ci dona oggi e sempre la speranza. Al di là delle parole spese quotidianamente sulla situazione carceraria, vorrei vedere tante mani che si "sporcano" (comprese le mie) in mezzo a tanto lordume, ma che si lavano lavando le piaghe dei fratelli reclusi. (Anna De Acutis)

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