Mi lascia sempre l'amaro in bocca quella valanga di commenti che si possono leggere nei vari forum, a margine di articoli di cronaca nera, di giornali presenti anche in rete: folle di visitatori che, da come scrivono, dimostrano di non leggere a fondo le notizie relative a delitti e a reati gravi, e più che esprimere il desiderio di ottenere giustizia, sono animati dalla frenesia di infliggere sofferenze atroci al cosiddetto "mostro" di turno. Cosa divide, mi chiedo, la persona che trasgredendo la legge commette violenza, da quella che in nome della legge predica la violenza?
In questo post propongo parte dell'intervista rilasciatami da don Marco Di Benedetto - sacerdote trevigiano e volontario nel carcere di Rebibbia a Roma -, riguardante il ruolo dei volontari nelle carceri. Il testo dell'intervista integrale è contenuto nella terza edizione del libro "Liberi reclusi. Storie di minori detenuti", pubblicato dalle Edizioni del noce. Intervenendo ad un convegno sulla realtà carceraria 1 il giudice di sorveglianza al tribunale di Padova Linda Arata affermò che - per arginare le violenze che si registrano in alcuni penitenziari da parte di agenti nei confronti dei detenuti - è necessario promuovere anche il volontariato: in un carcere, infatti, i volontari non solo hanno il compito di seguire un recluso lungo un preciso percorso di crescita umana e di comprensione del male arrecato alle sue vittime, ma anche di rendere trasparenti le mura della casa circondariale, perché possono testimoniare all'esterno quanto lì avviene. Ma volo...
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