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Condannati a vivere, nuova edizione del libro dedicato alla quotidianità dei detenuti del carcere di Treviso

 
TREVISO - Ieri in tipografia è stata chiusa la seconda edizione del volume "Condannati a vivere. La quotidianità dei detenuti del carcere di Treviso raccontata dal suo cappellano", a firma di Pietro Zardo e Carlo Silvano.

Il libro si può già ordinare in rete e dai primi di settembre anche nelle migliori librerie di tutta Italia (il codice isbn è 9791221427943).
"Condannati a vivere" è un libro che permetterà al lettore di conoscere la vita dietro le sbarre e ciò non per provare un sentimento pietistico verso i detenuti, ma per avere degli elementi per riflettere sulla certezza della pena, sul sovraffollamento dei penitenziari, sul fatto che per tanti reati non è possibile "buttare le chiavi" e che tante volte a soffrire di più sono sicuramente le vittime ma anche i familiari dei detenuti.
Qui di seguito la Nota conclusiva inserita nel volume.

 

Nota conclusiva

di Pietro Zardo

e Carlo Silvano


A chiusura di questa seconda edizione del volume “Condannati a vivere”, desideriamo offrire al lettore alcune riflessioni sulla detenzione che abbiamo recentemente maturato, e che sintetizziamo nei seguenti punti:

1. per un detenuto i familiari sono un fondamentale punto di riferimento sia per quanto riguarda l’accettazione della sua condizione di recluso, sia per il suo rientro a pieno titolo nella società, ovvero nella famiglia e nel mondo del lavoro. A svolgere un ruolo di primo piano nel sostegno ad un detenuto è la moglie che, durante la reclusione del marito, deve gestire quello che resta della famiglia, come i figli, la casa con tutti i problemi di affitto e pagamento delle bollette, gli alimenti e l’abbigliamento;

2. un rischio che con una certa frequenza registriamo in questi anni durante la reclusione di una persona, è che il detenuto perda il contatto con la realtà e, come se vivesse in un mondo virtuale, non riesca a comprendere le difficoltà che la moglie deve superare sotto il profilo economico e nella crescita di uno o più figli;

3. chi è in carcere certamente vive una situazione difficile perché è stato privato della libertà, ma anche i suoi familiari che vivono fuori dal carcere hanno una libertà menomata, in quanto devono scontrarsi continuamente con una realtà difficile a causa delle scadenze economiche che devono gestire e, a queste, spesso si aggiungono anche gravi problemi di salute;

4. la lunga detenzione spesso fa perdere anche il senso del valore del denaro, e senza pensare ai sacrifici economici che la moglie deve compiere per pagare l’affitto e il cibo ai figli, il detenuto si trova a pretendere da lei, o da altri familiari, il denaro per acquistare beni superflui;

   (a dx don Pietro Zardo e Carlo Silvano)

 

5. se per tanti coniugi è difficile educare un figlio nonostante abbiano la possibilità di trascorrere diverse ore in famiglia, di seguire regolarmente il suo percorso scolastico e di accompagnarlo e sostenerlo nelle attività sportive e ricreative, per un detenuto che deve scontare una pena di diversi anni è praticamente impossibile assolvere alla sua responsabilità di genitore. Spesso capita che un uomo entri in carcere con i figli che sono bambini, per poi uscirne quando sono dei giovani autonomi e capaci di compiere responsabilmente le proprie scelte. È soprattutto in questi casi che il detenuto sperimenta il suo fallimento come genitore, perché deve constatare che c’è un distacco o addirittura un rifiuto nei suoi confronti da parte del figlio. Quest’ultimo, anche per le sofferenze e l’emarginazione che ha dovuto patire soprattutto a scuola come alunno additato dai compagni perché figlio di un detenuto, non accetta né l’operato del padre né i suoi buoni consigli.

6. il carcere, ieri come oggi, non solo priva una persona della sua libertà, ma la deresponsabilizza perché anche se gli offre poco, in realtà gli concede quel minimo di cui ha bisogno, come il vitto e un posto letto: pur trovandosi in una situazione esistenziale precaria e a volte scandalosa, il detenuto riesce a compensare questo vuoto creandosi un altro mondo con discorsi e obiettivi irrealistici, convincendosi che quando uscirà tutto cambierà nella sua vita. La visione distorta che i detenuti si costruiscono della realtà esterna, la si deve spesso a quei media che propinano eventi culturali e discussioni politiche vaghe e inconsistenti. È nella sua solitudine quotidiana che, in certi casi, il detenuto si nutre di un senso di onnipotenza e rischia di rincorrere falsi miti economici, politici e sportivi, convincendosi e immaginando il proprio futuro con la possibilità di ripartire facilmente con un lavoro. Ma la realtà è molto diversa da quella che immagina e che vorrebbe il recluso;

7. il disorientamento che tanti detenuti sperimentano quando escono dal portone del carcere è dovuto al fatto che il mondo esterno cambia in continuazione, mentre lui, dietro le sbarre, ha vissuto ritmi sempre uguali e monotoni e con l’abbaglio di obiettivi economici e personaggi di successo che vivono solo nella sua fantasia. Uscendo dal carcere e scontrandosi con la dura realtà, l’ex detenuto deve ora fare i conti con la sua incapacità di vedere i piccoli passi che può compiere, e percepisce come dura e impossibile da affrontare la fatica per ripartire e per riconquistare la sua dignità di uomo.

Concludiamo questa Nota con l’augurio che questo volumetto si sia rivelato utile per far conoscere ai nostri lettori la realtà del carcere di Treviso.

Gli Autori 

 

Per reperire il volume cliccare su  Condannati a vivere


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