Passa ai contenuti principali

Dosson, La parola ai volontari

Ho ricevuto e propongo la testimonianza che segue.

Abbiamo assistito con piacere ed interesse all’incontro che Carlo Silvano ha tenuto recentemente nella parrocchia di Dosson di Casier. Attraverso la sua testimonianza ed un filmato ci ha fatto conoscere la realtà del carcere di Treviso soprattutto per quanto riguarda la struttura che ospita i maggiorenni. Noi abbiamo puntato la nostra attenzione soprattutto sulla struttura limitrofa, vale a dire l’Istituto minorile e l’abbiamo fatto in quanto volontari che sono giunti al secondo anno della loro esperienza con un progetto di lettura a favore degli ospiti dell’istituto. Possiamo dare, quindi, una breve testimonianza di come stiamo vivendo il nostro approccio con questi ragazzi.
La prima cosa che ci ha colpito, ben consapevoli della gravità dei loro comportamenti che di conseguenza li hanno portati lì, è stato comunque scoprire che si tratta di ragazzi come tanti altri che incontriamo al di fuori di quelle mura. Anzi, spesso più educati di certi loro coetanei. Abbiamo trovato di tutto, dagli analfabeti o sedicenti tali, a chi frequenta con grande profitto le scuole superiori. Purtroppo o per fortuna (meglio per loro in questo caso) la conoscenza che abbiamo di loro non è accentuata per il fatto che molti non sono lì che per brevi periodi. Del resto non è nostro compito quello di socializzare, anche se è umano, bensì quello di seminare piccoli chicchi di cultura facendo loro capire che la lettura è uno strumento potentissimo e potrebbe loro servire nel cammino della vita.



Mentre, da quello che abbiamo capito, nel carcere dei maggiorenni spesso c’è il problema di tirare sera, nella struttura minorile, ci sembra sia un rischio molto minore. I ragazzi hanno scuola la mattina ed una serie di attività pomeridiane (compreso la nostra) come ad esempio il giornalino, il laboratorio di grafica o quello di cucina, che li tengono impegnati.
Per quanto abbiamo potuto vedere poi sia gli educatori che le guardie hanno un atteggiamento molto positivo con gli stessi, trattandoli come un buon padre tratterebbe i propri figli.
Certo stiamo sempre parlando di un carcere e di ragazzi che hanno sbagliato e stanno pagando per i loro errori, la libertà non ha prezzo, ma bisogna anche capire il contesto sociale dal quale vengono fuori. Spesso il concetto di male non è radicato per niente, quindi le loro azioni sono soltanto la conseguenza di una filosofia di vita che è stata loro imposta e che per loro, non avendo possibilità di un’alternativa, è l’unica con cui fare i conti. Probabilmente estrapolati da questo contesto, ed in una situazione di famiglia normale, il loro percorso di vita sarebbe stato molto diverso, visto i positivi esiti scolastici che qualcuno riesce a raggiungere.
Il detenuto che una volta uscito riesce a trovare lavoro ha una possibilità molto bassa di recidiva, motivo in più perché al di fuori ci siano strutture che possano dare un aiuto concreto a giovani che altrimenti corrono il rischio di tornare a delinquere.
E, specie con certi ragazzi che abbiamo conosciuto, questo sarebbe veramente un grosso peccato e vorrebbe dire che la società in cui viviamo ha fallito. Un motivo in più di riflessione che rilanciamo verso chiunque abbia voglia di confrontarsi con una realtà scomoda, ma pulsante dietro spesse mura di pietra.

Miriam e Pierluigi


Commenti

Post popolari in questo blog

Crimini di guerra e... non solo

Ricevo una nuova riflessione sull'intervista rilasciatami da don Pietro Zardo. A scriverla è l'avv. Maria Bortoletto, consigliere provinciale dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. La Seconda guerra mondiale ha lasciato uno strascico di crimini compiuti ai danni delle popolazioni civili come mai era accaduto nel passato. E’ anche vero però che, a differenza del passato, per la prima volta nella storia, i responsabili di questi crimini sono stati processati e condannati dai Tribunali speciali creati appositamente dai vincitori a guerra finita (vedi Norimberga, Tokio, ecc.). Un tempo era la Storia e non gli uomini a giudicare i vinti e i vincitori. Fu dunque un atto di giustizia? Certamente sì, perché i crimini compiuti, per esempio dai tedeschi in Europa e dai giapponesi in Asia, meritavano una giusta punizione. Ma non si può tuttavia non sottolineare che la “giustizia” applicata da quei Tribunali speciali non fu del tutto imparziale. Erano infatti i vincito

Don Marco Di Benedetto: i volontari sono una risorsa per le carceri

In questo post propongo parte dell'intervista rilasciatami da don Marco Di Benedetto - sacerdote trevigiano e volontario nel carcere di Rebibbia a Roma -, riguardante il ruolo dei volontari nelle carceri. Il testo dell'intervista integrale è contenuto nella terza edizione del libro "Liberi reclusi. Storie di minori detenuti", pubblicato dalle Edizioni del noce. Intervenendo ad un convegno sulla realtà carceraria 1 il giudice di sorveglianza al tribunale di Padova Linda Arata affermò che - per arginare le violenze che si registrano in alcuni penitenziari da parte di agenti nei confronti dei detenuti - è necessario promuovere anche il volontariato: in un carcere, infatti, i volontari non solo hanno il compito di seguire un recluso lungo un preciso percorso di crescita umana e di comprensione del male arrecato alle sue vittime, ma anche di rendere trasparenti le mura della casa circondariale, perché possono testimoniare all'esterno quanto lì avviene. Ma volo

Don Pietro Zardo a Tombolo

TOMBOLO - Venerdì 14 maggio la comunità parrocchiale ha accolto don Pietro Zardo che ha parlato della realtà del carcere di Treviso e ha presentato il libro " Condannati a vivere ". Dopo il saluto del parroco don Bruno Cavarzan ed una mia breve introduzione al tema della detenzione, don Pietro ha parlato davanti a più di duecento persone, molte delle quali lo hanno conosciuto e stimato nel corso del suo ministero di cappellano a Tombolo (1986-1996). Numerosi gli interventi e le riflessioni delle persone presenti in chiesa e non è mancata la testimonianza di una donna che ha avuto il marito in carcere: un'esperienza molto dolorosa sotto tutti gli aspetti. Interessante anche l'intervento di una giovane che svolge attività di volontariato presso l'Istituto penale dei minorenni di Treviso. La serata si è poi conclusa con un momento conviviale.