Forti emozioni in questo Natale: ho partecipato alla santa messa celebrata di
prima mattina dal Vescovo di Treviso, mons. Gardin con don Pietro Zardo nella
cappella del carcere di Santa Bona. Nell'omelia mons. Gardin ha parlato di
emozione ed imbarazzo a parlare a chi è detenuto in questo periodo, del male
fatto e di cui dobbiamo assumerci la responsabilità, di desiderio di bene da far
prevalere e di libertà interiore da conquistare per ciascuno di noi. Durante la
pace ho stretto le mani di alcuni di questi uomini e ci siamo "guardati" negli
occhi... Alla fine un detenuto ha svolto una riflessione invocando che Gesù
rinasca di nuovo, che la Chiesa si liberi dei paramenti e sia più vicina agli
uomini, commuovendosi mentre ringraziava l'amico don Pietro per la vicinanza
costante. Ho saputo poi che è stato condannato per un reato di sangue
gravissimo, l'uccisione della figlia. Un altro, più giovane, è scoppiato a
piangere alla fine della messa come un bambino, perché voleva poter salutare il
vescovo, al che ho chiesto a mons. Gardin di avvicinarsi a lui prima di
andarsene. Un altro giovane di colore si è inginocchiato davanti al Vescovo con
un rosario tra le mani per chiedergli di benedirlo. Dei giovani di varie
parrocchie hanno cantato la messa e alla fine un gruppo di detenuti nigeriani ha
suonato e cantato con i tamburi. Ai piedi del piccolo altare una greppia con un
Gesù bambino dalle braccia aperte, che ci ricorda di essere nato in una
situazione di marginalità. Ho ringraziato il direttore Francesco Massimo e il
comandante della Polizia penitenziaria per il servizio che svolgono nella
convivenza quotidiana con uomini che hanno determinato per propria
responsabilità la condanna che stanno scontando, ma che - soprattutto come
cristiani - non dobbiamo mai dimenticare e vanno comunque riconosciuti nella loro
dignità di persone, prima ancora che rispettati. (Simonetta Rubinato)
In questo post propongo parte dell'intervista rilasciatami da don Marco Di Benedetto - sacerdote trevigiano e volontario nel carcere di Rebibbia a Roma -, riguardante il ruolo dei volontari nelle carceri. Il testo dell'intervista integrale è contenuto nella terza edizione del libro "Liberi reclusi. Storie di minori detenuti", pubblicato dalle Edizioni del noce. Intervenendo ad un convegno sulla realtà carceraria 1 il giudice di sorveglianza al tribunale di Padova Linda Arata affermò che - per arginare le violenze che si registrano in alcuni penitenziari da parte di agenti nei confronti dei detenuti - è necessario promuovere anche il volontariato: in un carcere, infatti, i volontari non solo hanno il compito di seguire un recluso lungo un preciso percorso di crescita umana e di comprensione del male arrecato alle sue vittime, ma anche di rendere trasparenti le mura della casa circondariale, perché possono testimoniare all'esterno quanto lì avviene. Ma volo...
Commenti
Posta un commento