Anche nella Marca trevigiana aumentano i crimini legati all'alcoolismo e al gioco, nonché quelli commessi da stranieri. Ad affermarlo il cappellano del carcere di Treviso, don Pietro Zardo, che recentemente ha descritto il problema del sovraffollamento del penitenziario cittadino durante un incontro pubblico in una parrocchia della diocesi. Ci troviamo a gestire le solite emergenze sociali: soggetti che sperperano il proprio denaro alla ricerca di facili guadagni rovinando se stessi e le proprie famiglie, e in questo contesto lo Stato – con la gestione delle lotterie – ha le sue responsabilità. Ma ciò che ora mi preme sottolineare sono i reati commessi da stranieri: è facile per certi nostri politici farne tutta un'erba un fascio e invocare che scontino la pena nelle carceri dei Paesi di origine. E' vero che ci sono persone che vengono in Italia col deliberato proposito di svolgere attività criminose, ma è anche vero che molti stranieri si trovano a decidere tra una morte certa nel proprio villaggio e l'incognita di un viaggio verso i Paesi occidentali alla ricerca di migliori condizioni di vita: iracheni e afghani, ad esempio, che cercano di sfuggire ai massacri, e così pure quanti non possono più vivere in certi stati dell'Africa centrale a causa di guerre locali. Qualche giorno prima del terribile massacro consumatosi nella cattedrale siro-cattolica di Baghdad alla fine dello scorso mese di ottobre, un Vescovo iracheno in visita nella parrocchia a Quinto di Treviso aveva denunciato l'impossibilità per i cristiani a vivere in Irak e la conseguente fuga all'estero, dove, in tanti casi, non trovando un'adeguata accoglienza per sopravvivere, sono costretti a compiere dei furti. Di fronte a testimonianze come quelle del Vescovo iracheno e di don Pietro Zardo, i semplici cittadini non possono che provare un senso di impotenza, per poi sorbirsi pure certe “sparate” da parte di politici che, pur governando comuni, province, regioni e importanti ministeri, sono in realtà incapaci di agire con competenza e senso di responsabilità.
In questo post propongo parte dell'intervista rilasciatami da don Marco Di Benedetto - sacerdote trevigiano e volontario nel carcere di Rebibbia a Roma -, riguardante il ruolo dei volontari nelle carceri. Il testo dell'intervista integrale è contenuto nella terza edizione del libro "Liberi reclusi. Storie di minori detenuti", pubblicato dalle Edizioni del noce. Intervenendo ad un convegno sulla realtà carceraria 1 il giudice di sorveglianza al tribunale di Padova Linda Arata affermò che - per arginare le violenze che si registrano in alcuni penitenziari da parte di agenti nei confronti dei detenuti - è necessario promuovere anche il volontariato: in un carcere, infatti, i volontari non solo hanno il compito di seguire un recluso lungo un preciso percorso di crescita umana e di comprensione del male arrecato alle sue vittime, ma anche di rendere trasparenti le mura della casa circondariale, perché possono testimoniare all'esterno quanto lì avviene. Ma volo...
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