Passa ai contenuti principali

Emergenza giustizia: coprire i vuoti in organico

In questi giorni diverse persone che vengono a conoscenza della realtà del carcere di Treviso, chiedono a don Pietro Zardo (cappellano della casa circondariale) cosa si può fare di fronte ad una realtà così complessa e disumana. Per don Zardo - quando si parla della realtà del carcere - la cosa più deleteria è il procedere per luoghi comuni, usando pesi e misure diversi, definendo furbo il politico nostrano corrotto, per avere poi solo parole di disprezzo per chi viene dal di fuori della nostra comunità e commette un reato. Personalmente sono convinto che per risolvere i problemi veri della carcerazione occorre la presenza e l'intervento dello Stato, che deve utilizzare i tanti penitenziari costruiti e mai entrati in funzione, assumere nuovo personale per coprire i vuoti in organico sia nella polizia penitenziaria che nella magistratura, finanziare i progetti per il recupero dei detenuti che, una volta scontata la pena, si ritrovano sbattuti fuori dal carcere. Questi ex detenuti, come ha affermato don Zardo, se non hanno dei legami affettivi, delle persone che li aspettano fuori dal portone di ferro, si trovano davanti al nulla, davanti ad un altro dramma: la mancanza di un lavoro, di un'occupazione, ma anche - ed è il caso per tanti di loro - di un luogo dove trascorrere la notte. Si parla del carcere come luogo di recupero, ma bisogna anche che ci siano delle realtà di accoglienza che facciano da ponte: una volta terminata la detenzione in una cella, la persona deve pur trovare una struttura in grado di ospitarlo e orientarlo al lavoro. Se è vero che per un ex detenuto non si può e non si deve reclamare un "posto d'oro", dall'altro è anche vero che ci sono diversi lavori, definiti umili e che pochissimi vogliono svolgere anche perché malpagati, che per un ex detenuto possono rappresentare una manna caduta dal cielo.
Queste affermazioni don Zardo avrà modo di ribadirle anche domenica 31 gennaio, alle ore 16.30, all'oratorio di Paderno di Ponzano Veneto quando, con don Artemio Favaro (parroco a Quinto di Treviso) e con il dott. Giovanni Borsato, incontrerà la cittadinanza per un pubblico dibattito sulla realtà del carcere di Treviso. [Carlo Silvano, carlo.silvano@poste.it]

Commenti

Post popolari in questo blog

Crimini di guerra e... non solo

Ricevo una nuova riflessione sull'intervista rilasciatami da don Pietro Zardo. A scriverla è l'avv. Maria Bortoletto, consigliere provinciale dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. La Seconda guerra mondiale ha lasciato uno strascico di crimini compiuti ai danni delle popolazioni civili come mai era accaduto nel passato. E’ anche vero però che, a differenza del passato, per la prima volta nella storia, i responsabili di questi crimini sono stati processati e condannati dai Tribunali speciali creati appositamente dai vincitori a guerra finita (vedi Norimberga, Tokio, ecc.). Un tempo era la Storia e non gli uomini a giudicare i vinti e i vincitori. Fu dunque un atto di giustizia? Certamente sì, perché i crimini compiuti, per esempio dai tedeschi in Europa e dai giapponesi in Asia, meritavano una giusta punizione. Ma non si può tuttavia non sottolineare che la “giustizia” applicata da quei Tribunali speciali non fu del tutto imparziale. Erano infatti i vincito

Don Marco Di Benedetto: i volontari sono una risorsa per le carceri

In questo post propongo parte dell'intervista rilasciatami da don Marco Di Benedetto - sacerdote trevigiano e volontario nel carcere di Rebibbia a Roma -, riguardante il ruolo dei volontari nelle carceri. Il testo dell'intervista integrale è contenuto nella terza edizione del libro "Liberi reclusi. Storie di minori detenuti", pubblicato dalle Edizioni del noce. Intervenendo ad un convegno sulla realtà carceraria 1 il giudice di sorveglianza al tribunale di Padova Linda Arata affermò che - per arginare le violenze che si registrano in alcuni penitenziari da parte di agenti nei confronti dei detenuti - è necessario promuovere anche il volontariato: in un carcere, infatti, i volontari non solo hanno il compito di seguire un recluso lungo un preciso percorso di crescita umana e di comprensione del male arrecato alle sue vittime, ma anche di rendere trasparenti le mura della casa circondariale, perché possono testimoniare all'esterno quanto lì avviene. Ma volo

Don Pietro Zardo a Tombolo

TOMBOLO - Venerdì 14 maggio la comunità parrocchiale ha accolto don Pietro Zardo che ha parlato della realtà del carcere di Treviso e ha presentato il libro " Condannati a vivere ". Dopo il saluto del parroco don Bruno Cavarzan ed una mia breve introduzione al tema della detenzione, don Pietro ha parlato davanti a più di duecento persone, molte delle quali lo hanno conosciuto e stimato nel corso del suo ministero di cappellano a Tombolo (1986-1996). Numerosi gli interventi e le riflessioni delle persone presenti in chiesa e non è mancata la testimonianza di una donna che ha avuto il marito in carcere: un'esperienza molto dolorosa sotto tutti gli aspetti. Interessante anche l'intervento di una giovane che svolge attività di volontariato presso l'Istituto penale dei minorenni di Treviso. La serata si è poi conclusa con un momento conviviale.