Qui di seguito propongo alcune riflessioni di Luigi Giovannini* sulla realtà della detenzione in Italia.
E’ doveroso oltre che altamente educativo conoscere le tristi realtà che quasi sempre passano inosservate se non nascoste accanto alla nostra quotidianità. Mi riferisco alle carceri che, da qualche tempo assieme ad un altro argomento strettamente connesso che è quello della giustizia, richiamano l’attenzione dei media e l’interesse del pubblico. Vengono così riscoperte le tante problematiche di questo aspetto del sociale che, un poco per la scabrosità del tema, vengono quasi sempre sistematicamente messe in disparte se non ignorate. Recentemente, presso la biblioteca comunale di Povegliano, si è tenuto un incontro con la cittadinanza su tali argomenti e si è relazionato sulle realtà dell’attuale sistema carcerario con esponenti che operano in questi servizi. Il sistema carcerario sta attraversando un delicato momento storico a causa di sovraffollamento e con l’arrivo di detenuti di diverse nazionalità, lingue e professioni religiose. Il tema in oggetto se non lo affrontiamo con l’aiuto di personale che colà opera non saremmo in grado di analizzarlo per la quantità e diversità di situazioni che si creano in tale contesto. Basti pensare alla convivenza forzata di persone divise per cultura religiosa , lingua, tradizioni ed usi costrette ad avvalersi degli stessi servizi igienici (uno per cella) disponendo di spazi ridotti e con problematiche legate ai reati commessi che, talvolta, sono totalmente differenti. Per sommi capi i diversi relatori che si sono alternati hanno dato un quadro della situazione sufficientemente ampio e completo anche grazie agli interventi di personale di polizia carceraria presente all’incontro. Purtroppo anche se i nostri vertici politici ed i media ci hanno abituati a vedere il paese Italia tra gli stati più progrediti del pianeta in materia del diritto, ritengo che questa propaganda di piccolo livello vada smentita se consideriamo la qualità dei servizi come quotazione di riferimento del sistema. Quando alludiamo ai servizi sociali non si può escludere il servizio carcerario che, assieme a quello scolastico, sanitario e di tutela della persona, stanno alla base del vivere civile.
[a sx don Aldo Danieli, parroco a Paderno, e a dx lo scrittore Luigi Giovannini]
Proprio sulla quotazione dei servizi alla persona si può misurare il livello di civiltà di un Paese. Pertanto, premesso quanto citato, ritengo siano molti i paesi che ci precedono in classifica. Gli Stati nordeuropei, tanto per citare un esempio, ci precedono quasi tutti poiché percentualmente sul loro bilancio vengono destinate maggiori risorse per la tutela del cittadino ed il recupero del carcerato. Inoltre, nel nostro Paese,i servizi alla persona subiscono delle variazioni notevoli anche in relazione alle fasce sociali che servono. Quindi l’erogazione dei servizi è subordinata sia al tipo che al numero di classi che servono. Le carceri, nella fattispecie, percentualmente sono interessate maggiormente da cittadini che provengono da contesti di emarginazione e povertà, quindi dalle classi sociali più deboli dove anche la preparazione culturale è inferiore. Di conseguenza nel nostro sistema hanno meno voce in capitolo e si possono avvalere di un minor supporto mediatico. Pertanto trovandosi ad essere destinatarie di una esigua quota di risorse del bilancio nazionale anche il personale addetto a tali servizi è sempre misurato se non insufficiente sebbene oberato da mansioni fino all’inverosimile. Per di più nemmeno l’informatizzazione del sistema ha potuto risentire di un qualche beneficio poiché esso poggia ancora in un sistema piramidale dove si opera spesso a scaricabarile dall’apice verso la base. In senso contrario si elargiscono incentivi e premi pecuniari di modo che le ultime pedine dell’ingranaggio sopportano il peso maggiore del sistema con il minor riconoscimento economico. A farne le spese di questa sciagurata gestione è quindi il detenuto costretto a difendersi, o meglio a farsi difendere ricorrendo con mezzi propri ai professionisti (studi legali). Quest’ultimi, naturalmente, mercificano le loro prestazioni in relazione alla disponibilità economica del singolo soggetto. E’ quindi, a mio avviso, decisamente importante questo processo di relazionare con il pubblico, come da qualche tempo avviene nella Marca trevigiana, poiché solo l’interesse sociale può muovere quei meccanismi della politica che avrebbero le capacità di trovare soluzioni valide, a breve, per sopperire ad un sistema carcerario obsoleto, superaffollato e dannoso al cittadino.
*Luigi Giovannini fa parte del direttivo della sezione di Villorba dell'Associazione Trevisani nel Mondo ed è autore del volume "Terra etiope".
E’ doveroso oltre che altamente educativo conoscere le tristi realtà che quasi sempre passano inosservate se non nascoste accanto alla nostra quotidianità. Mi riferisco alle carceri che, da qualche tempo assieme ad un altro argomento strettamente connesso che è quello della giustizia, richiamano l’attenzione dei media e l’interesse del pubblico. Vengono così riscoperte le tante problematiche di questo aspetto del sociale che, un poco per la scabrosità del tema, vengono quasi sempre sistematicamente messe in disparte se non ignorate. Recentemente, presso la biblioteca comunale di Povegliano, si è tenuto un incontro con la cittadinanza su tali argomenti e si è relazionato sulle realtà dell’attuale sistema carcerario con esponenti che operano in questi servizi. Il sistema carcerario sta attraversando un delicato momento storico a causa di sovraffollamento e con l’arrivo di detenuti di diverse nazionalità, lingue e professioni religiose. Il tema in oggetto se non lo affrontiamo con l’aiuto di personale che colà opera non saremmo in grado di analizzarlo per la quantità e diversità di situazioni che si creano in tale contesto. Basti pensare alla convivenza forzata di persone divise per cultura religiosa , lingua, tradizioni ed usi costrette ad avvalersi degli stessi servizi igienici (uno per cella) disponendo di spazi ridotti e con problematiche legate ai reati commessi che, talvolta, sono totalmente differenti. Per sommi capi i diversi relatori che si sono alternati hanno dato un quadro della situazione sufficientemente ampio e completo anche grazie agli interventi di personale di polizia carceraria presente all’incontro. Purtroppo anche se i nostri vertici politici ed i media ci hanno abituati a vedere il paese Italia tra gli stati più progrediti del pianeta in materia del diritto, ritengo che questa propaganda di piccolo livello vada smentita se consideriamo la qualità dei servizi come quotazione di riferimento del sistema. Quando alludiamo ai servizi sociali non si può escludere il servizio carcerario che, assieme a quello scolastico, sanitario e di tutela della persona, stanno alla base del vivere civile.
[a sx don Aldo Danieli, parroco a Paderno, e a dx lo scrittore Luigi Giovannini]
Proprio sulla quotazione dei servizi alla persona si può misurare il livello di civiltà di un Paese. Pertanto, premesso quanto citato, ritengo siano molti i paesi che ci precedono in classifica. Gli Stati nordeuropei, tanto per citare un esempio, ci precedono quasi tutti poiché percentualmente sul loro bilancio vengono destinate maggiori risorse per la tutela del cittadino ed il recupero del carcerato. Inoltre, nel nostro Paese,i servizi alla persona subiscono delle variazioni notevoli anche in relazione alle fasce sociali che servono. Quindi l’erogazione dei servizi è subordinata sia al tipo che al numero di classi che servono. Le carceri, nella fattispecie, percentualmente sono interessate maggiormente da cittadini che provengono da contesti di emarginazione e povertà, quindi dalle classi sociali più deboli dove anche la preparazione culturale è inferiore. Di conseguenza nel nostro sistema hanno meno voce in capitolo e si possono avvalere di un minor supporto mediatico. Pertanto trovandosi ad essere destinatarie di una esigua quota di risorse del bilancio nazionale anche il personale addetto a tali servizi è sempre misurato se non insufficiente sebbene oberato da mansioni fino all’inverosimile. Per di più nemmeno l’informatizzazione del sistema ha potuto risentire di un qualche beneficio poiché esso poggia ancora in un sistema piramidale dove si opera spesso a scaricabarile dall’apice verso la base. In senso contrario si elargiscono incentivi e premi pecuniari di modo che le ultime pedine dell’ingranaggio sopportano il peso maggiore del sistema con il minor riconoscimento economico. A farne le spese di questa sciagurata gestione è quindi il detenuto costretto a difendersi, o meglio a farsi difendere ricorrendo con mezzi propri ai professionisti (studi legali). Quest’ultimi, naturalmente, mercificano le loro prestazioni in relazione alla disponibilità economica del singolo soggetto. E’ quindi, a mio avviso, decisamente importante questo processo di relazionare con il pubblico, come da qualche tempo avviene nella Marca trevigiana, poiché solo l’interesse sociale può muovere quei meccanismi della politica che avrebbero le capacità di trovare soluzioni valide, a breve, per sopperire ad un sistema carcerario obsoleto, superaffollato e dannoso al cittadino.
*Luigi Giovannini fa parte del direttivo della sezione di Villorba dell'Associazione Trevisani nel Mondo ed è autore del volume "Terra etiope".
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