Ricevo una nuova riflessione sull'intervista rilasciatami da don Pietro Zardo. A scriverla è l'avv. Maria Bortoletto, consigliere provinciale dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.
La Seconda guerra mondiale ha lasciato uno strascico di crimini compiuti ai danni delle popolazioni civili come mai era accaduto nel passato. E’ anche vero però che, a differenza del passato, per la prima volta nella storia, i responsabili di questi crimini sono stati processati e condannati dai Tribunali speciali creati appositamente dai vincitori a guerra finita (vedi Norimberga, Tokio, ecc.). Un tempo era la Storia e non gli uomini a giudicare i vinti e i vincitori.
Fu dunque un atto di giustizia? Certamente sì, perché i crimini compiuti, per esempio dai tedeschi in Europa e dai giapponesi in Asia, meritavano una giusta punizione. Ma non si può tuttavia non sottolineare che la “giustizia” applicata da quei Tribunali speciali non fu del tutto imparziale. Erano infatti i vincitori a giudicare i vinti e le loro sentenze, oltre che dal senso di giustizia, forse furono dettate anche dal desiderio di vendetta.
D’altra parte, anche gli eserciti vincitori commisero crimini efferati che nessun tribunale ha mai punito. Nessuno ha mai pagato per i bombardamenti indiscriminati di tante città. Nessuno ha mai pagato per le stragi compiute dall’Armata rossa (vedi, per esempio, la carneficina delle fosse di Katin dove furono uccisi ad uno ad uno migliaia di ufficiali polacchi). Nessuno ha mai pagato per l’ecatombe delle migliaia di italiani scaraventati vivi nelle foibe dai “vincitori” slavi in Venezia Giulia, Istria e Dalmazia per la sola “colpa” di essere italiani. Anzi, gli infoibatori furono addirittura premiati perché, come ha confessato in seguito lo storico jugoslavo Milovan Gilas, “Tito ci aveva affidato il compito di indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto…”.
E allora? Come si vede la vecchia regola secondo la quale “chi vince ha sempre ragione” pare purtroppo destinata a non tramontare mai. Ai superstiti rimane soltanto la magra consolazione di affidarsi non al tribunale degli uomini, ma a quello imparziale della Storia.
Ma se le violenze della guerra sono per fortuna ormai relegate nella memoria, altre forme di violenza sono ancora purtroppo all’ordine del giorno. A parte quelle di natura criminale che potranno essere non dico eliminate, perché la natura umana è quella che è, ma almeno arginate dalle nuove “misure di sicurezza” predisposte sia pure con fatica dal ministro Maroni, ne resta purtroppo una, la più subdola, quella che viene quotidianamente esercitata contro le donne. Ho scritto “subdola” perché oltre ad essere spesso sottovalutata, questa forma di violenza viene spesso nascosta dalle stesse vittime, ora per paura, ora per vergogna. Solo Dio sa quante donne, angariate da mariti sadici e prepotenti, sopportano in silenzio violenze e persecuzioni pur di mantenere unita in qualche modo la propria famiglia. E chissà quante altre subiscono le violenze dei familiari, dei datori di lavoro, dei vicini, dei malintenzionati, degli uomini, insomma, e non osano reagire e denunciare i rispettivi violentatori perché schiave di medievali pregiudizi che non avrebbero più ragione di esistere. Ed è ad esse che io, come avvocato, ma soprattutto come donna, esprimo tutta la mia consapevole solidarietà, nonché l’invito a reagire con forza e anche con rabbia, perché questa è una guerra che soltanto noi possiamo vincere.
avv. Maria Bortoletto
Montebelluna, 9 agosto 2009
La Seconda guerra mondiale ha lasciato uno strascico di crimini compiuti ai danni delle popolazioni civili come mai era accaduto nel passato. E’ anche vero però che, a differenza del passato, per la prima volta nella storia, i responsabili di questi crimini sono stati processati e condannati dai Tribunali speciali creati appositamente dai vincitori a guerra finita (vedi Norimberga, Tokio, ecc.). Un tempo era la Storia e non gli uomini a giudicare i vinti e i vincitori.
Fu dunque un atto di giustizia? Certamente sì, perché i crimini compiuti, per esempio dai tedeschi in Europa e dai giapponesi in Asia, meritavano una giusta punizione. Ma non si può tuttavia non sottolineare che la “giustizia” applicata da quei Tribunali speciali non fu del tutto imparziale. Erano infatti i vincitori a giudicare i vinti e le loro sentenze, oltre che dal senso di giustizia, forse furono dettate anche dal desiderio di vendetta.
D’altra parte, anche gli eserciti vincitori commisero crimini efferati che nessun tribunale ha mai punito. Nessuno ha mai pagato per i bombardamenti indiscriminati di tante città. Nessuno ha mai pagato per le stragi compiute dall’Armata rossa (vedi, per esempio, la carneficina delle fosse di Katin dove furono uccisi ad uno ad uno migliaia di ufficiali polacchi). Nessuno ha mai pagato per l’ecatombe delle migliaia di italiani scaraventati vivi nelle foibe dai “vincitori” slavi in Venezia Giulia, Istria e Dalmazia per la sola “colpa” di essere italiani. Anzi, gli infoibatori furono addirittura premiati perché, come ha confessato in seguito lo storico jugoslavo Milovan Gilas, “Tito ci aveva affidato il compito di indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto…”.
E allora? Come si vede la vecchia regola secondo la quale “chi vince ha sempre ragione” pare purtroppo destinata a non tramontare mai. Ai superstiti rimane soltanto la magra consolazione di affidarsi non al tribunale degli uomini, ma a quello imparziale della Storia.
Ma se le violenze della guerra sono per fortuna ormai relegate nella memoria, altre forme di violenza sono ancora purtroppo all’ordine del giorno. A parte quelle di natura criminale che potranno essere non dico eliminate, perché la natura umana è quella che è, ma almeno arginate dalle nuove “misure di sicurezza” predisposte sia pure con fatica dal ministro Maroni, ne resta purtroppo una, la più subdola, quella che viene quotidianamente esercitata contro le donne. Ho scritto “subdola” perché oltre ad essere spesso sottovalutata, questa forma di violenza viene spesso nascosta dalle stesse vittime, ora per paura, ora per vergogna. Solo Dio sa quante donne, angariate da mariti sadici e prepotenti, sopportano in silenzio violenze e persecuzioni pur di mantenere unita in qualche modo la propria famiglia. E chissà quante altre subiscono le violenze dei familiari, dei datori di lavoro, dei vicini, dei malintenzionati, degli uomini, insomma, e non osano reagire e denunciare i rispettivi violentatori perché schiave di medievali pregiudizi che non avrebbero più ragione di esistere. Ed è ad esse che io, come avvocato, ma soprattutto come donna, esprimo tutta la mia consapevole solidarietà, nonché l’invito a reagire con forza e anche con rabbia, perché questa è una guerra che soltanto noi possiamo vincere.
avv. Maria Bortoletto
Montebelluna, 9 agosto 2009
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