Inserisco una parte della riflessione scritta da don Franco Marton, sacerdote della diocesi di Treviso. Il testo integrale della riflessione sarà pubblicato in appendice al libro-intervista di don Pietro Zardo.
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Dalla bella intervista a don Pietro prendo lo spunto per una domanda provocatoria: di fronte a fatti che contraddicono il Vangelo, i cristiani devono parlare o tacere? Scrivo queste riflessioni nei giorni d’agosto del 2009, in cui le carceri scoppiano per il sovraffollamento e i barconi di immigrati continuano a colare a picco. Sugli immigrati si sono sentite parole di denuncia sulla disumanità e ostilità delle nostre leggi. Da parte di vescovi e, meno nette, da parte di comunità cristiane. Ma sulle carceri la comunità cristiana nel suo insieme è silenziosa, anche se il problema si fa drammatico. Perché? C’è una resistenza profonda e sorda dei cristiani a farsi carico dei carcerati. Viene da lontano. Nei caldi anni Settanta frequentavo il carcere minorile di Santa Bona, perché in quel quartiere stavamo costruendo una parrocchia. Un metodo frequente di protesta dei detenuti era di salire sul tetto del carcere con degli striscioni e restarci giorni, anche d’inverno. La gente passava, li vedeva e… si indignava contro di loro! Tanto che i ragazzini del catechismo, invitati da noi a raccogliere le espressioni che circolavano in casa sui carcerati, ci riportavano racconti raccapriccianti. Informata la parrocchia, nascevano tensioni e conflitti con l’accusa... [continua].
don Franco Marton
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Dalla bella intervista a don Pietro prendo lo spunto per una domanda provocatoria: di fronte a fatti che contraddicono il Vangelo, i cristiani devono parlare o tacere? Scrivo queste riflessioni nei giorni d’agosto del 2009, in cui le carceri scoppiano per il sovraffollamento e i barconi di immigrati continuano a colare a picco. Sugli immigrati si sono sentite parole di denuncia sulla disumanità e ostilità delle nostre leggi. Da parte di vescovi e, meno nette, da parte di comunità cristiane. Ma sulle carceri la comunità cristiana nel suo insieme è silenziosa, anche se il problema si fa drammatico. Perché? C’è una resistenza profonda e sorda dei cristiani a farsi carico dei carcerati. Viene da lontano. Nei caldi anni Settanta frequentavo il carcere minorile di Santa Bona, perché in quel quartiere stavamo costruendo una parrocchia. Un metodo frequente di protesta dei detenuti era di salire sul tetto del carcere con degli striscioni e restarci giorni, anche d’inverno. La gente passava, li vedeva e… si indignava contro di loro! Tanto che i ragazzini del catechismo, invitati da noi a raccogliere le espressioni che circolavano in casa sui carcerati, ci riportavano racconti raccapriccianti. Informata la parrocchia, nascevano tensioni e conflitti con l’accusa... [continua].
don Franco Marton
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