Oggi su La Tribuna di Treviso è stato pubblicato un interessante articolo a firma del dottor Massimo De Luca sulla riforma della giustizia che il governo di Silvio Berlusconi intende fare. Ne ho parlato con l'avv. Agostino La Rana (cassazionista) per proporre ai lettori di questo blog alcune riflessioni. Purtroppo, come fa notare l'avv. Agostino La Rana, non si possono ancora elaborare delle riflessioni di carattere tecnico perché il testo finale della riforma non è ancora disponibile.
Avv. Agostino La Rana, in un articolo pubblicato su La Tribuna di Treviso (14 marzo 2011), il dr. Massimo De Luca scrive che nell'attuale testo governativo di riforma costituzionale si stabilisce che i magistrati, al pari degli altri funzionari statali, siano direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti. Secondo lei, come si traduranno nei fatti questi propositi?
Un giudice può sbagliare, naturalmente. E gli errori si pagano, naturalmente. Attualmente, il giudice paga se ha agito dolosamente, cioè con la volontà di sbagliare; ipotesi molto remota, questa, che richiederebbe, per esempio, la prova di una corruzione. Il Governo, rifacendosi anche a un referendum sulla responsabilità civile dei magistrati del 1987 (il cui esito è stato vanificato) propone che il giudice risarcisca gli errori causati da colpa, cioè da negligenza o imperizia. Al momento è impossibile prevedere come il Governo intenda tradurre questo proposito.
Su tale questione Silvio Berlusconi potrà registrare un consenso popolare anche maggiore alla stessa maggioranza parlamentare di cui dispone. Viene però un dubbio: ciò che è popolare è automaticamente giusto? Qual è la sua opinione?
"Chi volete voi, Gesù o Barabba ?", chiese Ponzio Pilato. E il popolo scelse di salvare Barabba, il che significa che anche (perfino) il popolo può sbagliare. Ma qual è l’alternativa ? Churchill disse che la democrazia è il sistema “meno peggiore”.
Il dottor De Luca fa notare che il giudice è l'arbitro dei conflitti e il soccombente è sempre scontento della decisione, e quasi sempre sarà convinto che il giudice abbia sbagliato a valutare le norme e i fatti. In particolare, nel giudizio penale il condannato avrà sempre motivo di lamentarsi della condanna. Le chiedo: qualora questa riforma dovesse passare, dovremmo aspettarci una valanga di azioni contro i giudici da parte di quanti sono stati condannati in un procedimento?
Al momento la risposta è impossibile, perché il Governo non ha presentato una riforma, ma una dichiarazione di principio simile alle grida manzoniane.
Secondo lei, il fatto che si debba fare questa riforma, può indicare che nel nostro ordinamento non ci sono abbastanza garanzie per avere un giusto processo?
Il processo giusto è un’astrazione, quello perfetto un’utopia.
Nel suo articolo, il dr. Massimo De Luca sostiene che, qualora dovesse passare questa riforma, il giudice potrebbe essere condizionato e optare per la decisione che meno lo espone alle possibili ritorsioni delle parti, o almeno della parte più forte. Lei cosa ne pensa?
Che ha questo punto di vista dipende dal singolo giudice. Come scrisse Manzoni, “il coraggio, se uno non lo ha, non se lo può dare”.
Il ministro Alfano sostiene che l'attività di un magistrato debba essere paragonata a quella di un medico. Quali sono le sue considerazioni?
Qualcuno potrebbe paragonare l’attività del ministro Alfano a quella di un becchino.
In conclusione, secondo lei, un plurimputato come Silvio Berlusconi può trattare - sotto il profilo etico e morale - una questione come quella della riforma della giustizia?
Se ha il consenso popolare della maggioranza degli italiani, senz’altro sì.
Avv. Agostino La Rana, in un articolo pubblicato su La Tribuna di Treviso (14 marzo 2011), il dr. Massimo De Luca scrive che nell'attuale testo governativo di riforma costituzionale si stabilisce che i magistrati, al pari degli altri funzionari statali, siano direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti. Secondo lei, come si traduranno nei fatti questi propositi?
Un giudice può sbagliare, naturalmente. E gli errori si pagano, naturalmente. Attualmente, il giudice paga se ha agito dolosamente, cioè con la volontà di sbagliare; ipotesi molto remota, questa, che richiederebbe, per esempio, la prova di una corruzione. Il Governo, rifacendosi anche a un referendum sulla responsabilità civile dei magistrati del 1987 (il cui esito è stato vanificato) propone che il giudice risarcisca gli errori causati da colpa, cioè da negligenza o imperizia. Al momento è impossibile prevedere come il Governo intenda tradurre questo proposito.
Su tale questione Silvio Berlusconi potrà registrare un consenso popolare anche maggiore alla stessa maggioranza parlamentare di cui dispone. Viene però un dubbio: ciò che è popolare è automaticamente giusto? Qual è la sua opinione?
"Chi volete voi, Gesù o Barabba ?", chiese Ponzio Pilato. E il popolo scelse di salvare Barabba, il che significa che anche (perfino) il popolo può sbagliare. Ma qual è l’alternativa ? Churchill disse che la democrazia è il sistema “meno peggiore”.
Il dottor De Luca fa notare che il giudice è l'arbitro dei conflitti e il soccombente è sempre scontento della decisione, e quasi sempre sarà convinto che il giudice abbia sbagliato a valutare le norme e i fatti. In particolare, nel giudizio penale il condannato avrà sempre motivo di lamentarsi della condanna. Le chiedo: qualora questa riforma dovesse passare, dovremmo aspettarci una valanga di azioni contro i giudici da parte di quanti sono stati condannati in un procedimento?
Al momento la risposta è impossibile, perché il Governo non ha presentato una riforma, ma una dichiarazione di principio simile alle grida manzoniane.
Secondo lei, il fatto che si debba fare questa riforma, può indicare che nel nostro ordinamento non ci sono abbastanza garanzie per avere un giusto processo?
Il processo giusto è un’astrazione, quello perfetto un’utopia.
Nel suo articolo, il dr. Massimo De Luca sostiene che, qualora dovesse passare questa riforma, il giudice potrebbe essere condizionato e optare per la decisione che meno lo espone alle possibili ritorsioni delle parti, o almeno della parte più forte. Lei cosa ne pensa?
Che ha questo punto di vista dipende dal singolo giudice. Come scrisse Manzoni, “il coraggio, se uno non lo ha, non se lo può dare”.
Il ministro Alfano sostiene che l'attività di un magistrato debba essere paragonata a quella di un medico. Quali sono le sue considerazioni?
Qualcuno potrebbe paragonare l’attività del ministro Alfano a quella di un becchino.
In conclusione, secondo lei, un plurimputato come Silvio Berlusconi può trattare - sotto il profilo etico e morale - una questione come quella della riforma della giustizia?
Se ha il consenso popolare della maggioranza degli italiani, senz’altro sì.
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