CASTELFRANCO VENETO – Ieri, alla libreria Costeniero in piazza del Giorgione 55, con don Pietro Zardo ho avuto modo di descrivere la realtà del carcere a Treviso, e nel corso di un interessante dibattito col pubblico, una persona ha posto l'accento sulla Legge Bossi-Fini inerente ai flussi migratori. Ho preso spunto da questo intervento per leggere un brano del libro “Condannati a vivere” che riporto qui di seguito:
Nella casa circondariale di Treviso gli stranieri rappresentano circa il 70% della popolazione carceraria. La maggior parte sono nordafricani: tunisini, marocchini e algerini sono spesso persone che arrivano nel nostro Paese senza un progetto chiaro, quasi alla ventura. Ci sono invece persone che provengono dal Centro-Africa con tutta quella realtà tipica dei loro paesi di origine, come guerre, carestie, epidemie e fame. Scappare è la loro unica carta da giocare, perché, piuttosto che una morte certa nel proprio Paese, preferiscono affrontare l'interrogativo che si cela dietro un lungo viaggio: sono consapevoli, ad esempio, che quando attraverseranno il deserto del Sahara, si troveranno a camminare ai lati di una lunga scia di cadaveri umani, cioè di persone – specialmente bambini e donne – che sono morte di stenti.
Ho preso spunto da questo brano per ricordare ai presenti quando, durante l'ultimo governo di Silvio Berlusconi, il ministro Roberto Maroni (Lega nord) si recò in Libia per donare al dittatore Gheddafi cinque motovedette da utilizzare per il pattugliamento del Mediterraneo. Oggi che il dittatore Gheddafi non c'è più e tutto il mondo sa che si è macchiato di terribili omicidi contro il suo popolo, è – a mio avviso – urgente e necessario sapere che uso è stato fatto – e ancora si fa – di queste motovedette, perché se sono state usate per sparare contro i barconi carichi di donne e bambini ci troveremmo, allora, di fronte a fatti gravissimi. E' noto che Gheddafi rinchiudeva in campi circondati da filo spinato e sorvegliati da guardie armate, tutti coloro che cercavano di attraversare il deserto libico, e in tali campi è possibile che siano state commesse atrocità di ogni tipo anche contro le donne recluse.
in Libreria Costeniero a Castelfranco Veneto
Non si può escludere che le motovedette siano state donate alla Libia per fare un “lavoro sporco”: sapendo che mai un militare italiano fosse capace di sparare contro persone inerme, come quelle imbarcate sui barconi della speranza, i nostri politici hanno, mi chiedo, pensato di armare i libici. Questi ultimi, in qualche occasione, hanno pure aperto il fuoco contro un peschereccio italiano.
E' opportuno è doveroso, allora, aprire un'inchiesta sulla cessione alla Libia di quelle cinque motovedette, e l'ex ministro Roberto Maroni non dovrà sottrarsi agli eventuali interrogatori da parte delle autorità competenti.
(Carlo Silvano)
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