Una dozzina le persone che ieri a Pero di Breda di Piave hanno partecipato all'incontro con don Pietro Zardo sulla realtà del carcere. L'esiguo numero di partecipanti ha permesso, in compenso, di sviluppare un ottimo dibattito. Praticamente tutti hanno avuto la possibilità di fare considerazioni e riflessioni. I presenti, in particolare, sono stati colpiti dalle condizioni in cui versano i detenuti, molti dei quali oziano tutto il giorno perché non sono coinvolti in progetti lavorativi o di studio.
Nei miei interventi ho avuto modo di accennare alla situazione dell'Istituto penale dei minorenni, conosciuto anche come "carcere minorile".
Un signore anziano ha sostenuto la necessità di "rispedire" al Paese di origine i criminali stranieri: è un modo semplicistico, a mio avviso, di affrontare i problemi perché non si tiene conto che molti stranieri - come tanti africani - scappano dai propri villaggi in fiamme a causa di guerre locali, oppure per sfuggire alla fame e alle malattie. Tanti intraprendono un lungo viaggio affrontando il deserto del Sahara alla ricerca di un imbarco per l'Europa e, purtroppo, molti non ci riescono e lungo il percorso trovano un consistente numero di cadaveri, soprattutto donne e bambini. Questo è aspetto che deve farci riflettere e ci impone di conoscere cosa sta succedendo in Libia: il dittatore Gheddafi ha ricevuto dall'Italia alcune motovedette per bloccare il flusso di gente disperata, e non si sa che fine facciano le persone fermate dai libici. E' vero che ci sono anche tunisini e marocchini che vengono in Italia col proposito di delinquere, ma ciò non giustifica il "rimandare" indietro - ovvero nel deserto o nei campi libici - anche chi scappa da guerre e carestie.
La serata si è conclusa con una riflessione del parroco don Renato Comin.
Nei miei interventi ho avuto modo di accennare alla situazione dell'Istituto penale dei minorenni, conosciuto anche come "carcere minorile".
Un signore anziano ha sostenuto la necessità di "rispedire" al Paese di origine i criminali stranieri: è un modo semplicistico, a mio avviso, di affrontare i problemi perché non si tiene conto che molti stranieri - come tanti africani - scappano dai propri villaggi in fiamme a causa di guerre locali, oppure per sfuggire alla fame e alle malattie. Tanti intraprendono un lungo viaggio affrontando il deserto del Sahara alla ricerca di un imbarco per l'Europa e, purtroppo, molti non ci riescono e lungo il percorso trovano un consistente numero di cadaveri, soprattutto donne e bambini. Questo è aspetto che deve farci riflettere e ci impone di conoscere cosa sta succedendo in Libia: il dittatore Gheddafi ha ricevuto dall'Italia alcune motovedette per bloccare il flusso di gente disperata, e non si sa che fine facciano le persone fermate dai libici. E' vero che ci sono anche tunisini e marocchini che vengono in Italia col proposito di delinquere, ma ciò non giustifica il "rimandare" indietro - ovvero nel deserto o nei campi libici - anche chi scappa da guerre e carestie.
La serata si è conclusa con una riflessione del parroco don Renato Comin.
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