In merito all'incontro di Dosson, ho ricevuto e propongo il seguente commento:
Ritengo che l'opera di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza sulla realtà carceraria in generale, e in particolare di quella presente nel nostro territorio, sia tanto difficile quanto importante.
Le persone che vivono recluse dovrebbero essere considerate parte integrante del corpo sociale e dovrebbero poter avvertire questo. Che ciò avvenga è interesse di tutti, e non dipende certamente da una visione giustificazionista del fenomeno criminoso. Infatti, come Carlo Silvano osservava nel suo intervento, gran parte dei detenuti tornerà prima o poi in società e dovrebbe essere preoccupazione di tutti che questo ritorno avvenga in condizioni tali da favorire in loro la volontà di progettare la loro parte rimanente di vita nel
rispetto degli altri.
Un sistema carcerario che sia in grado di consentire ai detenuti un rapporto con la società esterna contribuisce ad evitare il sorgere di dinamiche psicologiche di rabbia repressa, capaci di scatenare al termine del periodo di reclusione il ritorno a una volontà rea. Significativa in proposito ritengo sia stata l'intervista a un detenuto proposta durante l'incontro, nella quale egli esprimeva l'esigenza di sentire che nella cittadinanza non vi sia unicamente un atteggiamento di repulsione e di ostilità nei confronti dei soggetti carcerati: la percezione di un atteggiamento non prevenuto e ostile nella collettività contribuisce, a suo parere, a favorire una risocializzazione e ad orientare la persona ristretta, una volta liberata, a non vedere il mondo esterno come un nemico al quale tornare a nuocere.
Alessandro Gheno
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