Storie quotidiane all'interno di un carcere. La vita dei detenuti, la difficoltà a tessere relazioni umane, la necessità di superare l'idea di condanna e pena e concepire il carcere come percorso riabilitativo. Sono storie di adulti, ma anche di minori detenuti: la realtà del carcere di Treviso che sarà al centro dell’incontro di venerdì alle 20.30, nella sala polifunzionale del Municipio «Il carcere di Treviso: albergo o luogo di pena?». Interverranno Gastone Martorel, sindaco di San Fior, Carlo Silvano, autore del volume «Liberi reclusi», don Pietro Zardo, cappellano della Casa circondariale di Treviso, don Claudio Carniel, parroco di San Fior.
Nel corso della serata sarà presentato il libro di don Pietro Zardo «Condannati a vivere. La quotidianità dei detenuti del carcere di Treviso raccontata dal suo cappellano», e il nuovo volume di Carlo Silvano, appena pubblicato, «Liberi reclusi. Storie di minori detenuti». Da circa quattordici anni don Pietro è cappellano della Casa circondariale di Treviso. «Ciascuno vive per sè - racconta don Pietro - e non esiste quel sistema relazionale che ti permette uno scambio di sentimenti umani, come quelli legati all'accoglienza, alla fiducia, alla solidarietà». Nel libro il prete afferma che «il sentire comune sostiene che chi ha sbagliato deve essere condannato e dimenticato, ma questo è un ragionamento miope: il recluso prima o poi uscirà dal carcere, ed è forte e concreto il rischio di trovarsi di fronte un soggetto peggiore di quello che è entrato anni prima».
Le storie dei minori detenuti sono raccolte invece in «Liberi reclusi», che riporta i colloqui che Silvano ha avuto con gli adolescenti rinchiusi nell'Istituto penale per i minorenni del Triveneto oltre ad interviste e riflessioni di specialisti. «Una persona che ha commesso una truffa o un furto si può tenerla in carcere per tutta la vita a spese della collettività? E se questo costo non si può sopportare, si può ipotizzare di reinserire nel nostro ordinamento giudiziario la pena di morte? Se queste due strade non si possono percorrere, allora bisogna riflettere seriamente su cosa fare quando per un detenuto si avvicina il giorno dell'uscita dal carcere. E se ci si pone questa preoccupazione per una persona adulta, ancora maggiore dev'essere l'attenzione verso chi si ritrova dietro le sbarre prima di aver compiuto i diciotto anni», dice Silvano. (a cura di Sara De Vido. Il Gazzettino, ed. Treviso, 12 gennaio 2011)
Nel corso della serata sarà presentato il libro di don Pietro Zardo «Condannati a vivere. La quotidianità dei detenuti del carcere di Treviso raccontata dal suo cappellano», e il nuovo volume di Carlo Silvano, appena pubblicato, «Liberi reclusi. Storie di minori detenuti». Da circa quattordici anni don Pietro è cappellano della Casa circondariale di Treviso. «Ciascuno vive per sè - racconta don Pietro - e non esiste quel sistema relazionale che ti permette uno scambio di sentimenti umani, come quelli legati all'accoglienza, alla fiducia, alla solidarietà». Nel libro il prete afferma che «il sentire comune sostiene che chi ha sbagliato deve essere condannato e dimenticato, ma questo è un ragionamento miope: il recluso prima o poi uscirà dal carcere, ed è forte e concreto il rischio di trovarsi di fronte un soggetto peggiore di quello che è entrato anni prima».
Le storie dei minori detenuti sono raccolte invece in «Liberi reclusi», che riporta i colloqui che Silvano ha avuto con gli adolescenti rinchiusi nell'Istituto penale per i minorenni del Triveneto oltre ad interviste e riflessioni di specialisti. «Una persona che ha commesso una truffa o un furto si può tenerla in carcere per tutta la vita a spese della collettività? E se questo costo non si può sopportare, si può ipotizzare di reinserire nel nostro ordinamento giudiziario la pena di morte? Se queste due strade non si possono percorrere, allora bisogna riflettere seriamente su cosa fare quando per un detenuto si avvicina il giorno dell'uscita dal carcere. E se ci si pone questa preoccupazione per una persona adulta, ancora maggiore dev'essere l'attenzione verso chi si ritrova dietro le sbarre prima di aver compiuto i diciotto anni», dice Silvano. (a cura di Sara De Vido. Il Gazzettino, ed. Treviso, 12 gennaio 2011)
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